Fiumi e democrazia
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Oggi in Veneto si vota per il rinnovo del Consiglio Regionale. È un atto dovuto alla nostra storia e alla nostra Costituzione, nata dalla Resistenza.
Ma attenzione: mettere una croce su una scheda non basta per dirsi democratici.
La vera democrazia non è un rito che si celebra ogni cinque anni; è una pratica costante.
È il confronto faccia a faccia, nelle piazze vere, non in quelle virtuali dove l’algoritmo trasforma le opinioni in pietre e le persone in bersagli. Il rischio che corriamo oggi è enorme: la fascinazione per l’autoritarismo sta contagiando le nuove generazioni in tutto il mondo, sintomo di una fiducia nel dialogo che si sta sgretolando.
È allarmante notare come percentuali sempre più alte di giovani israeliani (la grande maggioranza) si dichiari di estrema destra e che non intenda perseguire la possibilità di convivere con il popolo palestinese, così come trovo surreale che sondaggi recenti mostrano che una larghissima parte dei giovani inglesi consideri più efficiente un regime autoritario di una società democratica.
Come invertire la rotta?
Ripartendo dal territorio.
Penso ai Contratti di Fiume: un esempio concreto di come si possa gestire il bene comune ascoltando tutti i portatori di interesse. Proteggere un fiume discutendo insieme non serve solo alla sicurezza idraulica, serve alla sicurezza della democrazia.
È lì, nella cura condivisa del luogo in cui viviamo, che impariamo di nuovo a essere cittadini.



